Il Giardino di Ninfa: tra flora e storia, un’oasi in provincia di Latina
Betulle, aceri giapponesi, magnolie decidue e iris palustri sono solo alcune delle oltre 1.300 piante che è possibile ammirare nel Giardino di Ninfa. Un'oasi naturale nella provincia di Latina, otto ettari di giardino con un clima talmente mite da consentire di coltivare anche piante tropicali, dall'avocado ai banani.
La flora del Giardino di Ninfa - dichiarato nel 2000 Monumento Naturale dalla Regione Lazio - è una continua scoperta anche con il variare delle stagioni, ne sono un esempio le fioriture in primavera di ciliegi e meli ornamentali.
Non mancano poi altre piante altrettanto belle come le camelie, gli agrifogli, le clematidi e le tante varietà di rose, di cui ce ne sono più di dieci tipologie, come la Rosa filipes 'Kiftsgate', la Rosa 'Gloire de Dijon', la Rosa 'Mutabilis' e la Rosa 'Penelope'.
Dal giardino storico al fiume Ninfa, l'origine di questo spazio unico:
Ninfa - come riportato sul sito della Fondazione Roffredo Caetani, che si occupa della gestione del parco - deve il suo nome ad un tempietto di epoca romana, costruito vicino all'odierno giardino, dedicato alle Ninfe Naiadi, divinità delle acque sorgive.
Nell'VIII secolo dopo Cristo questo luogo fu concesso dall’Imperatore Costantino V a Papa Zaccaria, entrando così a fare parte dell'amministrazione pontificia. Successivamente, dopo l'XI secolo, Ninfa assunse il ruolo di città.
Dal castello alla cortina muraria, con i quattro fortini e la torre, senza dimenticare il palazzo baronale, Ninfa fu protagonista di una vera e propria evoluzione architettonica nel corso dei secoli, finché non fu saccheggiata e distrutta, nel 1382.
A causa anche della malaria, Ninfa non venne più ricostruita e fu abbandonata dai cittadini, anche se, per diversi decenni, le chiese continuarono ad essere officiate dagli abitanti delle colline vicine.
Nel XVI secolo il cardinale Nicolò III Caetani, amante della botanica, decise di creare a Ninfa un 'giardino delle sue delizie', con varietà di agrumi e trote di origine africana. Tuttavia, con la sua morte il luogo fu abbandonato.
Solo alla fine del XIX secolo i Caetani ritornarono sui loro possedimenti e la moglie di Onoraro Caetani, Ada Bootle Wilbraham, insieme a due dei suoi sei figli, iniziò ad occuparsi di Ninfa, dove creò un giardino in stile anglosassone e fece restaurare alcune rovine, tra cui il palazzo baronale, attuale sede degli uffici della Fondazione Roffredo Caetani.
“Durante la Seconda Guerra Mondiale - si legge sul sito della Fondazione - la famiglia Caetani si rifugiò nel castello Caetani di Sermoneta, facendo ritorno a Ninfa solo dopo il 1944. Il giardino nel mentre fu utilizzato come base per le munizioni da parte dei soldati tedeschi, che ne preservarono l’integrità grazie agli alberi presenti che favorirono la possibilità di mimetizzarsi”.
Ultima erede e giardiniera fu Lelia, figlia di Roffredo Caetani, scomparsa nel 1977. Per tutelare la memoria del Casato Caetani, preservare il giardino di Ninfa e il castello di Sermoneta, prima della sua morte Lelia istituì la Fondazione Roffredo Caetani.
©Photo S. Manfredini - Archivio fotografico Fondazione Roffredo